Barbengo è il quartiere più a sud della Città e confina con Carabbia, Carona, Collina d'Oro, Grancia e Morcote.

Un tempo comunità agricola la cui attività principale era l'allevamento del baco da seta, dagli anni '80 del secolo scorso Barbengo ha registrato un forte aumento della popolazione residente, mentre oggi la zona bassa del quartiere, con le sue piccole e medie aziende e con i centri commerciali, è parte integrante della zona industriale del Pian Scairolo.

Sul suo territorio sorge una torre fortificata (La Torrazza), un posto di segnalazione in età romanico-bizantina e in seguito roccaforte di un insediamento longobardo. Nel Medioevo era probabilmente collegata con un castello, forse appartenuto ai de Casoro, già in rovina nel XV secolo (oggi ruderi di Castellaccio).

Fino al XV secolo Barbengo si chiamava Premona; negli statuti di Como del 1335 è menzionata l'esistenza del Concilium di Agra e Premona, formatosi attorno alla chiesa di Sant'Ambrogio e comprendente Bigogno (Agra), Casoro e Figino. Premona è citato nell'inventario del Capitolo della Cattedrale di Como nel 1298 a proposito delle proprietà e feudi vescovili; lo stesso inventario cita la chiesa di Sant'Ambrogio, dapprima appartenuta alla parrocchia di San Pietro di Pambio e dal 1591 viceparrocchia.

Lo stemma

barbengo.jpg

L'Armoriale dei Comuni ticinesi di Gastone Cambin, edito nel 1953 dall'Istituto Araldico e Genealogico di Lugano, descriveva così lo stemma di Barbengo: "Di rosso alla 8 d'argento, sostenuta da due rami d'alloro d'argento fruttificati di otto pezzi d'oro, disposti a croce di S. Andrea". Il numero otto rappresenta le otto frazioni che compongono l'ex Comune: Barbengo, Cadepiano, Casaccia, Casoro, Cernesio, Figino, Garaverio e Rampiga.

Luoghi di interesse

Casa Sciaredo, costruita nel 1932 vicino alla chiesa di Sant'Ambrogio dall'artista Georgette Klein Tentori, costituisce uno dei rari esempi di architettura razionalista ancora intatto. La casa-atelier di proprietà del Canton Zurigo, è gestita da una fondazione che la mette a disposizione di artisti.

Casa Guidini, situata nella piazza che porta lo stesso nome, è un complesso architettonico costituito da più elementi. L'edificio originale tardo-neoclassico venne fatto costruire da Giovan Battista Ramelli verso la metà del XIX secolo: è composto da un corpo con finestre ogivali e si affaccia su un giardino. L'ala con elementi decorativi neogotici in cotto, invece, è stata aggiunta attorno al 1891 da Augusto Guidini senior, che poi ne divenne anche proprietario prima di far aggiungere la torre eclettica.

Situata su di un terrazzo panoramico che guarda sul Pian Scairolo, in posizione isolata e su un'area dove almeno fino al 1420 sorgeva anche un castello, la chiesa di Sant'Ambrogio era già presente almeno dal 1180. Tra il 1747 e il 1769 fu ricostruita e il suo aspetto attuale è dunque per lo più settecentesco. Restauri importanti sono stati effettuati negli anni 1932-33, in previsione dell'Anno Santo 1933.

È a forma rettangolare con coro di due campate e due cappelle laterali. All'interno la navata è coperta da una volta a botte, mentre il presbiterio da una volta a vela. L'arco trionfale, sulla volta e sulla parete di fondo del coro, presenta pregevoli stucchi della fine del XVIII secolo. Sulla parete sinistra del coro, un affresco del XVII secolo raffigura l'Ultima cena. Nella cappella della Madonna del Rosario, che ospita una bella statua in legno, i riquadri della volta sono decorati con angeli in volo che offrono fiori alla Madonna, attribuiti ai cugini Giacomo e Andrea Casella di Carona (varie collaborazioni dal 1622 al 1667). Nella cappella di fronte, un dipinto murale di Carlo Cotti (pittore luganese 1903-1980) del 1965 raffigura la Madonna col Bambino. Adiacente alla chiesa c'è la casa parrocchiale, dove risiedeva il parroco di Barbengo fino a metà anni '60 del Novecento.

Di proprietà del Comune, è stata restaurata sul finire degli anni '80. I piani superiori sono affittati, mentre al piano terreno c’è una sala per manifestazioni e incontri per una quarantina di persone, affidata in uso alla parrocchia. Il campanile neoromanico (pure di proprietà comunale), distinto dalla chiesa e in posizione più elevata, è stato progettato da Costantino Maselli e costruito da Costantino Papa nel 1883 (restaurato nel 1966).

È una monumentale chiesa neoromanica con pianta a croce latina, fatta erigere da Carlo e Francesca Martinetti nata Maselli negli anni 1891-95, insieme alla casa cappellanica e alla cappella funeraria di famiglia.

Carlo Martinetti di Barbengo era emigrato in Algeria dove aveva fatto fortuna. Devoto (fu anche Cavaliere del Santo Sepolcro) e riconoscente a San Carlo Borromeo, una volta rientrato in Ticino fece erigere la chiesa, progettata da Costantino Maselli (suo cognato), che forse nel progetto si ispirò a una cattedrale vista dal giovane Carlo in Algeria.

L'interno della Chiesa è spoglio, se si fa eccezione per i due grandi oli su tela del pittore Giacomo Martinetti, nipote di Carlo (Barbengo 1842 - Firenze 1910, allievo di Antonio Ciseri), raffiguranti San Carlo Borromeo durante la peste, del 1871, e Santa Francesca Romana, del 1896. Pure apprezzabili gli arredi in legno, in particolare il pulpito. Nel corso degli anni un pregevole organo è andato largamente in rovina, sia per incuria sia per vandalismi che hanno portato alla perdita delle canne più minute.

La chiesa di San Carlo fu affidata nei primi anni al cappellano don Alessandro Lucchini. Esaurito il congruo beneficio cappellanico lasciato dal fondatore, l'unico introito rimase l'esiguo affitto della casa cappellanica. Gli oneri finanziari si rivelarono così insostenibili per gli eredi Martinetti-Maselli e per l'esigua comunità parrocchiale di Barbengo. La chiesa fu quindi rilevata dalla diocesi ma, malgrado si continuasse a celebrare la messa domenicale, venne abbandonata all'incuria totale.

Nel 1978 (dopo un lungo iter), considerato il grande sviluppo di Barbengo che giustificava un luogo di culto più ampio e centrale della chiesa parrocchiale di Sant'Ambrogio, la proprietà venne assunta dalla parrocchia. Vari interventi di restauro furono eseguiti a partire dal 1980: dapprima la sistemazione del tetto e delle grondaie, poi la pulitura e il ritinteggio sia della cancellata che dell'interno, fino alla sistemazione del sagrato nel 2004. Le necessità di rinnovo sono comunque ancora molteplici.

Dietro la chiesa c'è la cappella funeraria della famiglia Martinetti, bene culturale di interesse cantonale. Qui riposano le spoglie di Carlo e Francesca, del cappellano don Lucchini e dei successori della famiglia, Martinetti-Maselli prima, Casella-Maselli poi. Sull'altro lato della strada cantonale, in posizione più elevata, la casa cappellanica con un ampio terreno adiacente.

L'oratorio di San Antonio Abate si trova in territorio di Collina d'Oro, frazione di Montagnola, e quindi sotto la giurisdizione parrocchiale di Sant'Abbondio. La parrocchia di Barbengo gode tuttavia di un usufrutto perpetuo, mentre la famiglia Scala di Cadepiano ha un diritto di giuspatronato.

Nel 1623 infatti Giovanni Antonio Scala, con disposizione testamentaria, lasciò ai figli l’incarico di costruire una chiesa a Cadepiano. Ottenute le necessarie autorizzazioni da parte del Vescovo di Como e del Vicario foraneo di Lugano, nel 1653 la chiesa era già ultimata. All'interno dell'oratorio si trovano vari affreschi della fine del XVII secolo, raffiguranti San Sebastiano e San Rocco, l'Annunciazione e il Crocifisso tra la Madonna e Santa Lucia. Sulla parete di fondo si ammirano un affresco della Madonna con i santi Antonio Abate e Bernardo e due statue femminili in stucco ai lati. All'esterno, sul frontone, figura lo stemma gentilizio della famiglia Scala.

Costruito verso la fine del XVII secolo, per iniziativa di due famiglie di Figino (Casella e Solari) che ne hanno assicurato il patronato, la memoria dell'oratorio è andata praticamente persa con la seconda metà del secolo scorso.

Composto di un'aula rettangolare, presenta sulla parete di fondo del coro la Madonna coi santi Francesco d'Assisi e Lucia e ai lati San Antonio Abate e Sant'Andrea, risalenti alla fine del secolo XVIII. Nel frontone della facciata rococò, del 1782, è visibile uno stemma in stucco con emblemi francescani.

Nel 1989 l'oratorio è stato parzialmente restaurato (tetto, sistemazione esterna).

Nucleo Barbengo - @ Alessandro Rabaglio